Mirella Bentivoglio chiama “strutture simboliche” le presenze nuove che costruisce o pone nello spazio urbano. Lavora in questo senso dalla metà degli anni Settanta, da quando ha costruito, vicino alla porta di una delle più belle cittadine medievali italiane, nell’abito della manifestazione Gubbio 76, un uovo di pietra. Un monumento simbolico all’adultera lapidata, di pietra come i muri delle case e le mura di difesa che circondano lo spiazzo dove, appunto a Gubbio, l’uovo è venuto a creare un nuovo rapporto di segni.

Ma non è stata che una svolta, un salto d’ampiezza di orizzonte operativo, da allora appunto in dimensione di scala urbana, rispetto ad un lavoro di poesia “visiva” e “oggettuale” che non termini il linguaggio fra immagine e parola, la Bentivoglio, svolge dalla metà degli anni Sessanta e da protagonista.

Quel salto si è verificato nel vivo per il clima di interesse, per un nuovo ordine di rapporti e partecipazioni della comunicazione estetica che ha contrassegnato (e particolarmente in Italia) le proposizioni più nuove della ricerca negli anni Settanta. Le strutture simboliche della Bentivoglio sono infatti venute a proporre linguaggio e simbolo nel vivo di una contestualità urbana, con tutta una nuova ampiezza di possibilità di rapporti comunicativi e intensità di sollecitazioni partecipative.

Il valore simbolico di queste strutture si realizza proprio nel momento del loro uso corale, insomma del riconoscimento di termini semiologici di quella provocazione critica che i suoi interventi sono venuti ad innescare con segni dialetticamente spiazzanti, suscitatori di ripercussioni molteplici a livello di memoria e di sondaggi archetipi nello spessore del subconscio.

Le strutture simboliche ad “E”, sono state collocate nel 1981 in un altro spiazzo pubblico della cittadina umbra, si erano già viste nella partecipazione della Bentivoglio alla Biennale di Venezia del 1978, in un progetto architettonico-urbanistico.

Ho cominciato a usare l’uovo come simbolo nel ‘71”, mi ricorda la Bentivoglio, “ho molti oggetti con la presenza di uovo e molti collages con l’immagine fotografica dell’uovo. Nel ’71, l’oggetto Ab ovo, dedicata all’affermativa natura-tecnologia, proponeva due “O” che ottenevano ognuna un uovo: uno naturale inquinato; uno in resina acrilica trasparente con rotella interna. Da quel momento ho cominciato a usare il simbolo uovo con altri segni; la “O” da cui era partito era diventata superflua”.

Le strutture simboliche della Bentivoglio nascono infatti strettamente dalla pratica di simbolizzazione del linguaggio e dalle sue implicanze di correlazioni semiologiche.

A livello grafico”, precisa ancora Mirella, “le E sono nate nel ’73. E = congiunzione è un testo di quell’anno con una struttura labirintica formata da “E” congiunte. Dal ’77 ho cominciato a usare le E in tre dimensioni; e dal ’78 in grande misura con proposte di inserimento nel contesto urbano”.

Qui è inevitabile un confronto della diretta destinazione semiologica delle due strutture. “l’uovo”, mi dice, “è la vita come destino individuale, solitudine nascita morte, legge naturale. La E invece è il rapporto, la pluralità. “O” è “Oppure”. “E” è “Anche”. L’uovo è l’alternativa femminista, le E sono il risultato di un rapporto aperto e paritetico, tra tutto ciò che è complementare”.

La E”, conclude la Bentivoglio, “è la prosecuzione “liberata” della H, che nel mio mondo di segni rappresentava la chiusura, la biforcazione e il dividendo, il logos come sistema auto funzionante. In HO (Io ho) le H erano tante, e formavano una gabbia; la O era sola. Le E sono tante, come erano le H, ma non formano gabbie”.

L’analisi semiologica del linguaggio si allarga nel lavoro della Bentivoglio, nella realtà strutturale grafico-visiva della scrittura riportata alla scansione alfabetica, alle strutture prime grafico-semantiche. Ma nella pratica dello spazio urbano quell’analisi può spaziare in ulteriori implicazioni, che riguardano l‘ambito delle connessioni dialettiche delle nuove strutture nelle contestualità segniche nelle quali la Bentivoglio le viene a porre. Riguardano anche l’ambito delle risonanze semiologiche delle risposte comportamentali che tali scritture simboliche proposte nel contesto quotidiano vengono a provocare.

Enrico Crispolti, 1982