collage su travertino persiano, letraset su travertino
l'opera comprende una didascalia, anch'essa su travertino
Michelangelo Buonarroti
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Mirella Bentivoglio – La poesia fatta pietra, edizioni Coopedit, Macerata, 1984
Renato Barilli, Maria Grazia Tolomeo, Mirella Bentivoglio. Dalla parola al simbolo, con antologia critica, De Luca, Roma, 1996
La bugia, 2005
Mirella Bentivoglio – La poesia fatta pietra, Macerata, Pinacoteca e Musei Comunali, febbraio 1984
Mirella Bentivoglio. Dalla parola al simbolo, Roma, Palazzo delle Esposizioni, 10-28 ottobre 1996
Dalla serie dedicata al tema della Genesi. Mirella Bentivoglio conferisce, nei suoi volumi lapidari e lapidei, una autonoma voce al marmo e alla pietra, la cui trascrizione, spesso, è visibile e rintracciabile nelle linee di sedimentazione dei materiali adottati. Linee di una scrittura asemantica, qui ricondotte e collegate alle umane e divine dita, per rappresentare simbolicamente il mistero della creazione dell’universo. Mistero che nella nostra memoria collettiva siamo soliti ricondurre alla solidificazione del suono o all’azione del soffio di un Verbo divino. In questo caso sono raffigurate sia la mano di Adamo sia la mano di Dio, prelievo michelangiolesco dalla Cappella Sistina in Vaticano; e quella linea verticale, che accentua il senso di distanza, consente di associare al libro una tavola di piatte dimensioni. La separazione tra creato e creazione è riassunta nel libro: conoscere è suddividere.
Negli anni Ottanta aumentano notevolmente le opere di Mirella Bentivoglio che fanno ricorso alla tradizione storico-artistica dei grandi maestri, con una certa attenzione alla riproduzione di immagini o dettagli iconici desunti da capolavori, inseriti nei suoi libri e poemi-oggetto. E questo dimostra la duttilità della sua arte, e la sensibilità ad interpretare i fenomeni contemporanei. Sono anni infatti in cui sia le implicazioni dell’arte concettuale, sia la ripresa consistente di una pratica pittorica ad opera dei citazionisti, dei transavanguardisti, dei neomanieristi, inducono ad intendere l’esperienza estetica come fenomeno di rivisitazione storica e di contaminazione. Rosaria Abate
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